Piccola grande storia della pubblicità

Agli albori della televisione italiana, nella seconda metà degli anni cinquanta, non esisteva ancora la pubblicità. Queste arrivò nel 1957, precisamente durante il mese di febbraio e con una postilla molto chiara: la pubblicità non avrebbe mai dovuto superare il 3% dell’intero palinsesto televisivo. Il limite fu imposto per preservare gli altri media e per non farli scomparire dietro un mercato che già da subito si preannunciava sfrenato. Se oggi confrontiamo quella situazione con quella in cui viviamo possiamo certamente dire che il mondo sembra essersi ribaltato.

Secondo una nota agenzia di realizzazione spot pubblicitari di Milano, infatti, quel 3% di quota massima sul palinsesto oggi è diventato un numero che scavalca di parecchie cifre il 50%. È proprio quella minima fascia percentuale consentita che spiega le origini del Carosello, il piccolo siparietto che piaceva tanto ai bambini e che includeva quattro o cinque spot pubblicitari alla volta costruiti come una micro-storia alla fine della quale veniva nominato lo sponsor.

Dal Carosello alla pubblicità

Il carosello aveva regole molto precise in termini di durata e di forma che, paragonati ai canoni attuali, forse fanno sorridere. Non era solamente una questione di limite temporale ma anche e soprattutto di rigore della pubblicità ove l’etica veniva vissuta con principi molto differenti rispetto a quelli attuali. Se da un lato a Calimero era concesso affermare “che era piccolo e nero”, oggi una frase del genere in uno spot creerebbe numerosi fraintendimenti. Ma è anche grazie al Carosello che possiamo dare una data certa alla nascita del testimonial di cui, Calimero porta la bandiera. La fine del Carosello coincide con l’avvento della pubblicità più moderna dato che nel 1977 questo fu affiancato da altre rubriche pubblicitarie come Intermezzo e Gong.

Anche la gestione amministrativa cambiò e, con il passaggio di capi cambiò anche il modo di gestire e raccogliere i proventi pubblicitari. È qui che si concentrano le riflessioni sull’utilizzo della pubblicità come forme di guadagno ma anche come metodo per influenzare le persone e trarne un guadagno. Non dobbiamo dimenticare che il nostro Paese ha vissuto una storia molto particolare per ciò che riguarda il mondo dei media e, quindi, televisione e politica.

Lo spot televisivo, quindi, nasce con la fine del Carosello e diventa a tutti gli effetti un messaggio pre-registrato che viene ripetuto più volte nell’arco della giornata. Spariscono presentatori e vallette per far fronte ai costi di trasmissione e si cambia registro: si punta tutto sulle persone comuni in grado di consigliare un prodotto in modo più genuino e meno artefatto.

Dalla crisi della TV a oggi

La pubblicità vive il promo grande exploit durante gli anni settanta, al termine dei quali viene trasmesso il primo spot pubblicitario su TV private della durata di 15 secondi e a colori. Il marketing inizia a cercare messaggi brevi, concisi e spontanei, sdoganando le vecchie regole canoniche e con Publitalia e Telemilano arrivano altre grandi novità.

Arrivano i jingle, i tormentoni e i messaggi archetipici e la pubblicità diventa il veicolo fondamentale per sostentare i costi della televisione. Tutto cresce senza freni fino all’arrivo del web che ribalta ancora una volta i principi del marketing. Gli introiti televisivi entrano in crisi per far posto all’inbound marketing, alla personalizzazione dell’offerta e alla comunicazione attuale.

Quali saranno i prossimi cambiamenti? Sicuramente nell’era post Covid avremo una visione più lucida dei cambiamenti che si stanno verificando sotto i nostri occhi ma per poterne parlare bisognerà attendere la fine di questo drammatico ciclo.