Professione influencer, le due facce della stessa medaglia
Dalla piattaforma per novelli influencer alla prima academy d’Europa
Condé Nast, Bocconi e L’Oréal hanno lanciato la prima academy gratuita d’Europa per gli operatori dell’influencer marketing. Il percorso formativo è articolato in un corso di 240 ore rivolto a ragazzi e ragazze con più di 19 anni, diplomati e iscritti all’Università.
Sono già state selezionate 20 aspiranti influencer tra le candidate al primo corso dedicato al beauty. A marzo partiranno anche i corsi di moda, lifestyle e food.
Un’iniziativa che farà parlare, anche alla luce del recente dibattito sui diritti e doveri dell’influencer e sulla pubblicità occulta nei social network.
A luglio, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) aveva recapitato a famosi testimonial – dalla Ferragni a Fedez, passando per Belen e altri vip del web – e alle aziende che li reclutano una lettera di moral suasion, specificando come la pubblicità dovesse essere chiaramente riconoscibile come tale, come già chiesto in tempi non sospetti dall’authority statunitense, la prima che ha cercato di mettere i puntini sulle “i” ai nuovi modelli di promozione social.
Nella lettera l’Agcm ha chiesto ai top influencer di inserire nei post promozionali tag come #advertising, #sponsorizzato, #pubblicità e così via. Nelle scorse settimane l’Autorità ha iniziato la “ricognizione” sui profili social delle webstar per verificare se il richiamo sia stato rispettato o meno. In caso negativo, come ha anticipato Luisa Cordova, portavoce dell’Antitrust, sarà presa in considerazione l’ipotesi di “procedere con istruttorie che possono portare a sanzioni”. Per inciso, quelle più salate possono arrivare a 5 milioni di euro, come previsto per violazioni al Codice del Consumo.
Abbastanza per far passare il sorriso davanti all’obiettivo del fotografo.
Poi, c’è l’altra faccia della medaglia. L’influencer marketing non è solo Ferragni & Co. Non solo post su Instagram con milioni di visualizzazioni e centinaia di migliaia di like.
Prima del corso di Bocconi, L’Oréal e Condé Nast – che presumibilmente offrirà anche una formazione deontologica ai novelli influencer – sono stati sviluppati tool che offrono ai cosiddetti smart influencer (persone comuni, con un migliaio di amici sui social) la possibilità di buttarsi in questo mondo, e ai marchi di fare promozione sfruttando le dinamiche del passaparola online. Una versione più “terrena” dell’influencer marketing, ma non meno efficace, stando ai dati delle ultime ricerche.
Il tool in questione si chiama Voicr ed è una piattaforma ideata dall’agenzia di social media marketing milanese Business4People. L’aspirante influencer si iscrive e condivide contenuti brandizzati, in linea con le proprie passioni e i propri interessi, con la sua cerchia di amici e follower. L’azienda lo premia in base a clic, contatti e vendite generati dalla condivisione del post. Perché funziona? I comportamenti di acquisto delle persone sono più influenzati dal passaparola tra amici e conoscenti che dai sorrisi e dagli slogan recitati a memoria dal vip di turno.
Smart influencer, il futuro è dalla loro parte? Tanti analisti dicono di si. Senza contare che, se la linea dura voluta dall’Authority dovesse passare, l’appeal dei profili social dei “cugini” top ne uscirebbe parecchio annacquato.